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Il riflesso condizionato dei giudici: dei 26 partecipanti in gara soltanto 2 sono donne.

In queste ore in cui è stata approvata la proposta di legge sulla parità salariale, noi vogliamo raccontarvi di una tematica che ci ha incuriositi. Negli ultimi giorni il noto programma televisivo X Factor ha attirato su di sé non poche polemiche e discussioni, e siamo certi che da tuto questo si possa tirare fuori anche qualcosa di buono.
Cos’è successo ad X Factor?

Ecco una sintesi dei fatti per i più distratti all’ascolto: dei 26 partecipanti in gara – i più talentuosi tra centinaia di candidati iniziali – soltanto 2 sono donne. A molti è venuto da chiedersi come abbiano fatto i giudici a scovare soltanto due talenti femminili nella moltitudine di candidati che si iscrivono alle selezioni iniziali del programma.

Difficile non porsi questa domanda, ma ci arriviamo tra un attimo. Prima occorre fare una doverosa premessa.
Chi ci segue sa quanto siamo attenti a trattare le vicende più rumorose e le polemiche più aspre in modo costruttivo, senza sfruttarle per ottenere click in più, ma piuttosto per mettere sul piatto qualche spunto di riflessione interessante. Con la vicenda di X Factor vogliamo fare esattamente questo: sfruttarla come trampolino per riflettere su temi importanti del nostro presente.

Dicevamo: è possibile che tra tutti i candidati ci fossero soltanto due donne degne di partecipare al programma? Non avremo mai la risposta a questa domanda, anche perché soppesare il talento di qualcuno è un fatto tutt’altro che scientifico – specialmente quando questo viene fatto davanti a milioni di spettatori – ma possiamo dire con discreta sicurezza che la statistica non è esattamente a favore dei quattro giudici.
Per chi non lo sapesse da quest’anno ad X Factor non ci sono più le categorie, perciò i giudici durante le selezioni hanno avuto ancora meno vincoli nella scelta dei candidati, dettaglio che ovviamente ha acceso ulteriormente la polemica, dato che i giudici hanno selezionato soltanto due donne pur avendo meno vincoli.

giudici di x factor e presentatore

Qual è il punto?

Equilibrare in un qualsiasi contesto la presenza di entrambi i sessi con l’ausilio delle quote rosa – o soluzioni simili – può essere sicuramente un modo per evitare situazioni spiacevoli, favorire la parità tra i sessi ed abituare il pubblico alla presenza di uomini e donne in egual misura.
D’altra parte però, c’è chi ritiene che questo sistema sia pura forma, e che vincolerebbe le decisioni – in questo caso dei quattro giudici – sulla base di un presupposto totalmente arbitrario, che non tiene conto della possibilità – a nostro avviso remota – che tra centinaia di candidati vi siano soltanto due donne dal talento innegabile.

La domanda da porsi a questo punto è: abbiamo ancora bisogno di adottare misure arbitrarie per regolare la parità tra i sessi? L’esempio di X Factor ci torna utile per provare a rispondere.

Dalla nostra prospettiva sì, ne abbiamo ancora bisogno. Con ogni probabilità i quattro giudici hanno espresso le loro preferenze con onestà, mossi dalla sincera volontà di selezionare i talenti più meritevoli. Nel farlo però sono incappati in una dinamica tanto invisibile quanto radicata nella maggior parte di noi: hanno dato agli uomini più rilevanza rispetto alle donne. Un sistema efficace per evitare questo, è proprio quello di fornirsi di alcune regole, come ad esempio quella di dover scegliere un numero uguale di uomini e di donne.

È chiaro che si tratti di un limite, di un freno alla spontaneità. Ma dove ci porterebbe la nostra spontaneità? Probabilmente a preferire l’uomo alla donna, e non perché questo sia naturalmente giusto, ma soltanto perché facciamo così da millenni, a causa di una moltitudine di fattori che hanno plasmato il nostro vivere in società in questi termini.

Che ci piaccia o meno, per regolare questo riflesso condizionato molti di noi hanno ancora bisogno di regole, e non c’è nulla di male ad ammetterlo.

NOTA DI REDAZIONE.

Come sapete, del nostro team, è Davide che ha piena carta bianca su piano editoriale, temi e testi dei nostri articoli. Io – Martina – li ricevo, li leggo e, così come sono, li pubblico. Sono una forte sostenitrice della libertà d’opinione e lascio a Davide la possibilità di esprimere la sua, senza vincoli. È chiaro che, in linea di massima, io e Davide condividiamo gli stessi valori… altrimenti tutto questo non sarebbe possibile.

Questa volta ho fatto lo stesso, ma – a differenza delle altre – non sono pienamente convinta della sua opinione. Nel non voler in assoluto censurare o modificare il suo contenuto, su suo stesso spunto, sono qui a scrivere questa piccola nota.

In merito al principio delle “quote rosa” io sono sempre stata piuttosto scettica: come può una regola che impone la presenza femminile, essere la soluzione per favorire un approccio meritocratico ed equo? Come si può chiedere pari opportunità, imponendo la nostra presenza? Non è un po’ una contraddizione in termini? Io vorrei essere valutata per ciò che faccio, e mi sta bene non essere selezionata se non valevole per una specifica posizione, a prescindere da chi prenderà il mio posto.

Però forse, sono un po’ una sognatrice. E quindi Davide ha ragione: forse servono regole estremamente anti-parità, per favorire la parità?

Voi? Cosa ne pensate?

Ne approfitto infine, per ringraziare Davide perché riesce sempre ad appassionarmi e da tre anni svolge un lavoro egregio per questo blog.

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