Prendiamo spunto dal documentario su Wanna Marchi per riflettere sulla comunicazione responsabile.
Wanna è il documentario di Alessandro Garramone dedicato alla storia di Wanna Marchi disponibile su Netflix dal 21 settembre scorso. La singolarità dell’opera di Garramone è che Wanna Marchi ha preso parte alle interviste in prima persona, insieme a sua figlia – e complice – Stefania Nobile. La loro partecipazione al documentario ha suscitato molte polemiche, dalle quali Garramone si è smarcato dichiarando di non aver corrisposto alle Marchi nessun compenso. Dal nostro punto di vista la loro presenza è un fatto piuttosto delicato: da un lato è un contributo utile al documentario, dall’altro però offre un nuovo palcoscenico alle truffatrici. Ciò detto ti consigliamo di dare una possibilità a Wanna di Alessandro Garramone: la sua storia è davvero affascinante e significativa.
Wanna ci offre la possibilità di parlarti ancora una volta dell’importanza di una comunicazione responsabile e sostenibile. Diversi infatti sono gli aspetti in comune tra le pratiche della truffatrice e quelle di un certo tipo di comunicazione contemporanea. Approfittiamo dunque dell’attenzione del momento attorno al documentario di Garramone per discutere proprio di questo.
Prima di farlo come sempre ti ricordiamo che sul blog di Supermad trovi molti articoli come questo: prendiamo spunto da un fatto, una tendenza o una novità e sviluppiamo una riflessione più allargata. Per questo non riassumeremo le vicende raccontate da Wanna. Il documentario sintetizza in modo esaustivo la storia della Marchi, perciò se vuoi conoscerla meglio, guarda il documentario!
Wanna Marchi è uno di quei personaggi che non necessitano di presentazioni. Viene ricordata da tutti come la truffatrice (o la teleimbonitrice) più famosa della storia della televisione italiana.
Al di là delle etichette, le testimonianze delle vittime delle truffe (alcune delle quali presenti nel documentario) sono la chiara dimostrazione che l’esito legale della vicenda, che ha visto le Marchi incarcerate per circa sei anni, sia stato quantomeno corretto. Che le Marchi abbiano truffato centinaia di migliaia di persone, incassando miliardi di lire, è totalmente fuori dubbio. Le uniche persone ad affermare il contrario (ancora oggi) sono proprio le Marchi, il cui parere è condiviso anche dal loro ex compagno di truffe Mario Pacheco do Nascimento (intervistato nel documentario). L’ex trio Asciè (la società attraverso cui le Marchi cominciarono a vendere la fortuna), è l’unico a proclamarsi innocente ancora oggi. Ecco le parole (alquanto significative) pronunciate da Wanna Marchi davanti alle telecamere di Garramone:
“I coglioni vanno inculati, cazzo”.
Per quanto scurrile (e quasi impronunciabile), questa frase ci torna utile per la nostra riflessione di oggi. Le tecniche di vendita adottate dalle Marchi, una miscela davvero esplosiva di marketing aggressivo, upselling e intimidazione; non riguardano soltanto la loro storia, ma spesso, in misura minore, anche il mondo della comunicazione più in generale. Non fraintenderci: sappiamo bene che il caso delle Marchi è un caso limite. Parliamo di persone che hanno venduto numeri “fortunati”, talismani e che hanno augurato la morte a chi si rifiutava di pagare per i loro “servizi”. Parliamo di persone che hanno intrappolato emotivamente telespettatori fragili, spesso soli, incapaci in quel momento di riconoscere la truffa. Coloro che la Marchi definisce “coglioni” dunque, non sono altro che persone come tante, che in un momento di debolezza sono cadute in una rete di raggiri ed estorsioni. Mettendo per un attimo da parte il caso Marchi, indubbiamente piuttosto singolare, dobbiamo però riflettere su quanto ancora oggi spesso la comunicazione provi ad approfittarsi di quelle stesse debolezze, seppure in modo meno plateale.
Ecco cosa intendiamo noi di Supermad con l’espressione comunicazione responsabile: intendiamo esattamente il contrario di tutto questo. Ci riferiamo ad una comunicazione che non faccia leva sulle fragilità per attecchire, che non si approfitti per puro guadagno, ma che si faccia forte della sua umanità e della sua empatia. Questa è la nostra filosofia, che ci permette di costruire relazioni trasparenti e durature con chi ci sceglie per la sua comunicazione.
A distanza di anni il caso Marchi, così potente ed esemplare, ci permette di sviluppare una riflessione importante sul ruolo della comunicazione. Concludiamo accennando ancora una volta alle pratiche delle Marchi. Per vendere i propri prodotti (soprattutto nel caso dei cosmetici) Wanna Marchi e Stefania Nobile dispensavano consigli di natura medica, millantando competenze che non possedevano, riguardanti la nutrizione ed il benessere psicofisico. Questo accade ancora oggi, in molti campi differenti. Spesso infatti riceviamo consigli da chi non dovrebbe dispensarne, e a volte siamo anche disposti a seguirli.
Wanna forse ci chiamerebbe “coglioni”.
Abbiamo tutti delle insicurezze.
Abbiamo tutti dei punti deboli.
Siamo tutti un po’ “coglioni”.
Proprio per questo dobbiamo scegliere con attenzione i nostri partner ed investire in relazioni sane, oneste e durature, sia nella vita che nel lavoro.