Belli e impossibili.
In passato vi abbiamo già raccontato alcune storie che avevano come protagonisti il corpo e la comunicazione, come nel caso del nostro articolo sul manichino oversize di Nike, oppure quello dedicato alla Body Positivity. È un tema al quale siamo particolarmente sensibili, perché quando il marketing e la comunicazione si rivolgono direttamente ai nostri corpi, contribuiscono – nel bene o nel male – ad alterare la percezione che abbiamo di noi stessi e degli altri.
A tal proposito oggi vogliamo raccontarvi un caso davvero interessante, che ha generato molte polemiche attorno a sé (anche se in Italia non ha avuto molta eco).
Parliamo dell’ascesa di Gymshark: il colosso britannico dell’abbigliamento sportivo.
Gymshark nasce nel 2012 dalle menti di Ben Francis – attuale maggior azionista della compagnia – e Lewis Morgan, compagni di scuola all’epoca soltanto diciannovenni.
In pochissimi anni, grazie al marketing brillante e campagne social ben architettate, il brand è cresciuto vertiginosamente. Pensate che nel 2016 la compagnia è stata, secondo il Sunday Times, l’azienda con la crescita più rapida di tutto il Regno Unito. Nel 2020 Gymshark ha superato il miliardo di sterline di valore. La compagnia di Ben Francis è una multinazionale in espansione, il cui giro d’affari ha coinvolto in modo particolare gli Stati Uniti, tanto che ad oggi il mercato americano garantisce da solo la metà dei suoi introiti.
Ma qual è stata la strategia vincente intrapresa da Gymshark? Qual è il segreto dietro il suo enorme successo?
Le polemiche – come avrete intuito – sono nate proprio nel momento in cui l’opinione pubblica britannica, e non solo, ha provato a rispondere a queste domande, trovando risposte piuttosto sconcertanti. Come spesso accade sul nostro blog, per esigenze di spazio, non vi racconteremo nel dettaglio la vicenda, anche perché è piuttosto articolata, ma ci concentreremo su alcune considerazioni importanti da fare attorno ai suoi snodi principali. Tuttavia, vi invitiamo ad approfondire la storia di Gymshark. A tal proposito vi lasciamo il link ad un breve documentario.
In estrema sintesi dunque, per crescere, affermarsi e diffondere il proprio brand, Gymshark ha basato la sua strategia di marketing su alcuni influencers, attingendo dall’universo dei bodybuilders e degli appassionati di fitness. Sono celebri le collaborazioni del brand con gli youtuber Nikki Blackketter e Lex Griffin, per citare qualche esempio, mentre la personalità di Instagram più sfruttata dal Gymshark è stata quella di David Laid.
Vi basterà dare un rapido sguardo a questi ambassador della compagnia per notare quanto i loro corpi, se paragonati a quelli di qualsiasi persona comune, stabiliscano parametri estetici praticamente irraggiungibili.
Ecco il segreto di Gymshark: promuovere i propri capi di abbigliamento facendoli indossare a modelli dai corpi alieni, con linee e forme definite nei minimi particolari.
Certo, tante altre compagnie promuovono il loro brand in questo modo, ma nel caso di Gymshark gli esempi sono così eclatanti ed esasperati da sfociare nel grottesco.
Moltissimi giovani si avvicinano a questo brand, ammaliati dalla bellezza dei corpi dei suoi ambassador e desiderosi di poter raggiungere quegli standard al più presto.
Generalmente non passa molto tempo da quando queste stesse persone sentono crescere in loro la frustrazione per l’impossibilità di raggiungere tali risultati in breve tempo (se non con mezzi poco ortodossi).
Il risultato?
Un brand che dovrebbe avvicinare le persone allo sport, in realtà le allontana dolorosamente.
E questo forse, è soltanto il male minore. Pensate a quanto possono essere profondi i segni lasciati dall’insicurezza, da una percezione alterata di sé, dal fissare l’asticella in un punto irraggiungibile, affannandosi per superarla ed infine fallendo.
I modelli proposti da Gymshark sono divenuti riferimenti, oltre che per il fitness, anche di altri ambiti molto importanti, come ad esempio quello alimentare.
Spesso i coach di Gymshark hanno dispensato consigli in merito, senza il supporto di nutrizionisti o esperti di alimentazione, di fatto improvvisandosi divulgatori scientifici.
Non è difficile comprendere la portata delle potenziali conseguenze nefaste di questo modo di utilizzare il potere mediatico.
Negli ultimi tempi Gymshark si sta avvicinando ad un’idea più inclusiva di estetica e bellezza, promuovendo campagne di marketing che hanno come protagonisti persone dai fisici decisamente più comuni. Sta a noi in quanto consumatori decidere quanta importanza dare al suo percorso, quanto negativamente interpretare il modello comunicativo estremamente speculativo e aggressivo che ha condotto la compagnia al successo.
Noi di Supermad ci occupiamo di branding e comunicazione, perciò – forse per deformazione professionale – prestiamo molta attenzione alla storia di un brand.
Per questo abbiamo deciso di raccontarvi – seppur in breve – quella di Gymshark, perché pensiamo sia fondamentale essere sempre consapevoli e critici.
Ad oggi la compagnia inglese ha le spalle così larghe (è proprio il caso di dirlo) da potersi permettere costosissime campagne social per rimediare ai danni fatti in passato.
Probabilmente a breve in molti si saranno dimenticati del percorso grottesco che ha condotto al successo la compagnia, abbagliati dalla nuova luce della sua comunicazione, altri invece se ne ricorderanno, e forse per questo prenderanno decisioni più responsabili.