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Eco-ansia: l’ansia per le crisi ambientali e il cambiamento climatico.

“Di climi ce ne sono molti, e non solo atmosferici. Ci sono climi anche per i rapporti sociali e per gli stati d’animo, e questa è un’ulteriore testimonianza di quanto sia importante il concetto di atmosfera che ci avvolge, un qualcosa di indistinto, di inafferrabile, che permea la nostra vita. C’è un clima felice, un clima di sconforto, un clima positivo e negativo, uno sereno e uno tempestoso, un clima fertile e uno improduttivo, un clima pacifico e uno polemico, un clima di sfiducia e uno di certezza.”

Luca Mercalli – meteorologo – descrive con queste parole il clima e la sua centralità nella la nostra vita. Abbiamo trovato particolarmente significativo il pensiero di Mercalli, che ci permette di introdurre il tema di questo venerdì: l’eco-ansia.

COS’È L’ECO-ANXIETY.

Hai mai sentito parlare di eco-ansia? Magari sì, magari no, eppure siamo pronti a scommettere che anche tu abbia avvertito almeno una volta questa forma d’ansia. Si tratta dell’ansia che deriva dalla preoccupazione per le crisi ambientali. La forma più diffusa di eco-ansia è l’ansia climatica, ovvero quella legata al cambiamento climatico. Per saperne qualcosa in più abbiamo letto QUESTO articolo pubblicato su ipsico.it, che spiega dettagliatamente le cause e gli effetti dell’eco-ansia.

IL NOSTRO PUNTO DI VISTA.

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Non siamo psicologi, perciò lasciamo che a parlare di eco-ansia dal punto di vista scientifico se ne occupino persone competenti. Tuttavia, questo termine ha catturato la nostra attenzione. Nel team di Supermad, infatti, la preoccupazione per il cambiamento climatico è piuttosto alta. In qualche misura potremmo definirci eco-ansiosi, o perlomeno eco-preoccupati. Le notizie relative al cambiamento climatico ed alle crisi ambientali hanno un impatto notevole sul nostro stato d’animo, e siamo molto preoccupati per il nostro futuro. Ci siamo dunque chiesti, prima ancora di scoprire la parola eco-ansia: quanto è diffusa questa forma di preoccupazione?

La nostra percezione è che il timore per un futuro catastrofico sia piuttosto diffuso, specialmente tra i più giovani. Abbiamo infatti la sensazione che le generazioni più recenti (compresi noi millennials), si sentano sconfitte ed impotenti. Questo sentire collettivo ci impedisce di sviluppare un vocabolario positivo. Sempre più presone infatti avvertono l’ineluttabilità della fine del mondo. Anche noi, in qualche misura, sentiamo l’ombra di questa nube spaventosa starci addosso. Detto questo siamo convinti che occorra fare uno sforzo e chiederci: come fare per discutere di cambiamento climatico senza sentirsi alla fine del mondo?

Crediamo che questa sia una domanda fondamentale perché, proprio come afferma Mercalli, l’atmosfera che ci avvolge ha un ruolo centrale, dunque anche la discussione sul clima è condizionata dal clima che le creiamo attorno.

Una cosa è certa: il tempo per parlare con leggerezza di cambiamento climatico è ormai finito. La questione è urgente e non c’è tempo da perdere. Tuttavia dovremmo fare uno sforzo personale e collettivo per decostruire la narrazione che ci vuole impotenti con le spalle al muro. Tutto questo ci serve per non darci per vinti e per restituire senso ed utilità alla nostra sensibilità.

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