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Peccato che non sia un film.

Appena uscita su Sky, Chernobyl ha fatto subito parlare di sé. A pensarci bene non è un caso che una miniserie come questa sia stata prodotta proprio ora.

 

Siamo in pieno revival anni ’80.  Pensate a produzioni come “Dark”, oppure “Stranger Things”. Oggi milioni di persone sono affascinate da questo scenario. Chernobyl riesce a presentarsi come punta di diamante delle produzioni televisive a tema anni ’80 del momento. Ci riesce perché racconta una storia vera. Cinque episodi per raccontare il disastro nucleare più famoso del mondo. Cinque ore abbondanti per mostrare la catena di eventi che hanno provocato la sciagura. Davvero molto interessante.

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Photo by Hugh Mitton on Unsplash

Perché tutti noi abbiamo sentito parlare di Chernobyl, ma chi può dire di conoscere davvero a fondo la sua storia? Ovviamente non è guardando questa miniserie che si diventa dei veri esperti della vicenda. Ma Chernobyl può darvi qualche strumento in più, e anche qualche interessante spunto di riflessione. Non sveleremo i dettagli di ogni episodio, ma alcune delle nostre considerazioni potrebbero comunque influenzare la visione, dunque se non avete ancora guardato Chernobyl ricordate: sarebbe preferibile leggere questo articolo dopo averlo fatto.

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Photo by Yves Alarie on Unsplash

Chernobyl è davvero una buona produzione: fotografia ed ambientazioni ben curate, musiche ispirate e dialoghi imbastiti con maestria (peccato non siano tutti in russo). Il fascino oscuro dei blocchi sovietici che si stagliano contro il cielo di Pripyat colpisce in pieno lo spettatore. La colonna di fumo nero carica di radiazioni che sale dal nucleo scoperto della centrale, vi farà sentire angosciati. I dialoghi hanno un buon ritmo ed i personaggi sono caratterizzati molto bene. Gli interpreti infatti, riescono a trasmettere il peso di ogni decisione presa e di tutti gli errori commessi. La storia viene raccontata con grande attenzione e, cosa non meno importante, durante la visione vengono forniti allo spettatore gli strumenti base necessari per capire “come funziona una centrale nucleare”. Nonostante la materia sia molto complessa dunque, non è difficile seguire Chernobyl, e questo è il segno di un lavoro ben calibrato. Secondo noi però, il vero punto di forza di questa serie non è la storia che ci racconta, ma il modo in cui lo fa.

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Photo by Yves Alarie on Unsplash

Chernobyl è elegante, sobria, sempre attenta a non strumentalizzare il dolore. Ci sono immagini forti certo, ma non sono mai di troppo. Avrebbero potuto mostrare decine e decine di corpi dilaniati, e chissà quante immagini cariche di sofferenza fisica. Invece no. Chernobyl ha un equilibrio davvero notevole in questo senso, ed ogni immagine forte che viene proposta, è utile ad immergersi nella vicenda.

Ma veniamo a quello che non ci ha convinti di questa Chernobyl. Come dicevamo prima, Chernobyl consta di cinque episodi da circa un’ora ciascuno. Ve lo diciamo senza tanti giri di parole: sono troppi. Ecco il punto debole, almeno secondo noi, di questa miniserie: la sua durata.

A nostro avviso, condensando gli eventi del terzo e del quarto episodio si sarebbe ottenuto un ritmo migliore, più travolgente. Oltre a questo però, ciò che maggiormente non abbiamo apprezzato, è stata proprio la decisione di raccontare questa storia attraverso una miniserie.

Tutto ciò che accade negli episodi infatti, potrebbe benissimo essere raccontato in una pellicola di tre ore. Un film, da godere al cinema.

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Photo by Yves Alarie on Unsplash

Diciamo questo perché Chernobyl è fatta davvero bene, e la sua durata è molto vicina a quella di un film. Perché non fare un film allora? Perché spezzare la tensione narrativa e distribuirla su cinque settimane?

Guardare Chernobyl al cinema sarebbe stata un’esperienza davvero travolgente. Due ore, poi una breve pausa per riprendere fiato, e via di nuovo in sala per il processo finale. È così che Chernobyl ci avrebbe davvero catturati.

Ci rimane un po’ l’amaro in bocca. Perché Chernobyl ci è piaciuta parecchio, e da amanti del cinema non possiamo smettere di pensare che è un vero peccato che non sia un film.

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